Questo splendido film documentario di Todd Douglas Miller ci fa rivivere le fortissime emozioni che il mondo ha provato nell’estate del 1969, quando per la prima volta nella storia un essere umano ha lasciato la propria impronta sulla Luna, realizzando un sogno che l’umanità ha accarezzato per secoli.
Il film ci permette di immergerci nel clima dell’epoca, in quanto utilizza dei filmati originali, finora inediti, scoperti da un’archivista del National Archives and Records Administration (NARA), ripresi su pellicola in formato 70 mm, che sono stati restaurati e digitalizzati in formato 4K per realizzare questo film.
Infatti è proprio la fotografia uno dei punti di forza del documentario, che ci regala non solo immagini mozzafiato dal forte impatto emotivo, ma anche uno sguardo sulla società statunitense degli anni Sessanta, sul cui immaginario collettivo l’impresa portata a termine dalla missione Apollo 11 ha lasciato un’impronta duratura.
La narrazione comincia infatti riprendendo la folla assiepata lungo le coste della Florida, armata di binocoli e macchine da presa, in fervente attesa della partenza del razzo Saturn V, la cui sagoma biancheggia sullo sfondo. Le aspettative erano altissime, anche perchè la riuscita dell’impresa avrebbe permesso agli USA di riscattarsi nella corsa allo spazio con l’URSS, che aveva lanciato il guanto della sfida mandando in orbita con successo nel 1957 lo Sputnik 1, il primo satellite artificiale utilizzato dall’uomo.
Questo aspetto collaterale della guerra fredda rimane sullo sfondo, in quanto l’indubbio patriottismo statunitense viene diluito nella rappresentazione mediatica dal messaggio di pace universale e dalla speranza di un futuro migliore per tutti, bene sintetizzata dall’ormai leggendaria frase pronunciata da Neil Armstrong dopo avere posato i suoi piedi sulla luna: “Questo è un piccolo passo per un uomo, ma un grande balzo per l’umanità”.
Tutti questi aspetti vengono colti dal documentario, che ci permette di gustarci anche altri aspetti meno retorici ma molto più umani e per questo più godibili: gli attimi di palpabile tensione nella sala di controllo, le battute umoristiche degli astronauti, piccoli scorci della loro vita privata e professionale, l’attesa carica di tensione delle folle e l’esplosione di gioia collettiva durante i festeggiamenti per il successo della missione.
Una molteplicità di punti di vista che la pellicola riesce a trasmettere con efficacia, in virtù di un sapiente montaggio, che probabilmente costituisce il suo vero punto di forza, tanto da averle fatto vincere al Sundance Film Festival 2019 il premio speciale per il miglior montaggio della giuria documentari. La concatenazione delle scene è serrata, e tramite l’uso di riprese mozzafiato trasporta lo spettatore in quel momento magico di 50 anni fa.
La sequenza delle immagini segue il reale susseguirsi degli avvenimenti: l’attesa e i preparativi per il lancio, la partenza del gigantesco missile Saturn V, l’allunaggio, la ripartenza verso la Terra, l’ammaraggio della capsula dopo il rietro nell’atmosfera, la quarantena degli astronauti e il loro festeggiamento come eroi.
Quello che invece non c’è in questa pellicola sono le classiche interviste con gli scienziati, con i politici, esponenti della NASA o del think tank statunitense. E non se ne sente affatto la mancanza.
In conclusione, gustarsi questo film documentario è una splendida occasione per rivivere le emozioni che l’umanità ha provato cinquant’anni fa, grazie al successo di una impresa che sembrava impossibile, ma che invece ha dimostrato la potenza del pensiero scientifico, che ha permesso all’uomo di raggiungere traguardi impensabili. In un periodo storico in cui le teorie negazioniste e complottiste trovano terreno fertile nella nostra società, questo documentario forse avrebbe meritato più di tre giorni di proiezione nelle nostre sale cinematografiche. In Italia infatti è uscito solo dal 9 all’11 settembre. Un vero peccato.