Sal (Gael Garcia Bernal) ha da poco perso in un tragico incidente stradale la sua compagna, Zoe, e non riesce a voltare pagina, rimanendo attaccato ai ricordi della relazione perduta.
Sua sorella Ebe (Bérénice Bejo) gli propone di utilizzare la tecnologia dell’azienda dove lavora, che permette di trasferire i ricordi dei trapassati in ospiti umani consenzienti, scelti più per la loro compatibilità che per la somiglianza fisica con i defunti.
Superate le perplessità iniziali, Sal acconsente e comincia una sessione di incontri con la nuova Zoe, la cui memoria è ospitata nel corpo di Ava (Renate Reinsve), che avrebbero lo scopo di superare il trauma del distacco, permettendo un ultimo dialogo con il trapassato.
Ma in pratica le cose non vanno come dovrebbero andare in teoria, e Sal comincia a interessarsi alla vita reale della donna che ospita i ricordi di Zoe…
Another End: un originale e delicato melodramma fantascientifico
Il racconto di Messina si srotola senza fretta, giocando con gli sguardi dei protagonisti, ognuno a suo modo legato a un passato perduto e incapace di vivere il presente, in un mondo dove la tecnologia sembra avere preso il posto della relazioni umane più importanti.
Una sorta di distopia urbana senza tempo, ambientata in una grande, anonima città che nel suo complesso è un non-luogo nel quale vagano persone perse nella loro solitudine e nei loro ricordi.
Lo straniamento dei personaggi è sottolineato da una fotografia dominata dai grigi, dalla presenza di ampi spazi vuoti, nei quali le figure umani sembrano perdersi, negli scarni dialoghi che piuttosto che aprire ponti tra gli individui sembrano invece sigillarli nel loro passato e nelle loro routine.
Un film che pone molti interrogativi su temi di grande spessore, come l’importanza dei ricordi, il ruolo della tecnologia nella vita della società, l’incomunicabilità, la natura della coscienza umana, l’essenza dell’amore, ma non fornisce alcuna risposta.
Una scelta per un verso encomiabile, ma che potrebbe lasciare perplesso qualche spettatore che potrebbe interpretarla come una scelta di comodo, in una pellicola dove i personaggi a volte sembrano essere troppo lontani, persi nei loro pensieri, quasi entità virtuali, piuttosto che esseri umani in carne e ossa.
Del resto tutta la pellicola gioca sul binomio realtà-ricordo, mettendo in scena una società povera di sentimenti, e per questo disperatamente alla loro ricerca, ma bisognosa della tecnologia per rivivere le emozioni del passato, per compensare l’aridità del presente.
Un film delicato, intimo, che allude e suggerisce senza mai affermare, a volte sensuale, senza però inutili scene di sesso, interpretato da attori eccezionalmente bravi, in particolar modo Gael Garcia Bernal e la splendida Renate Reinsve, che sono stati capaci di dare un anima ai loro personaggi, nonostante la laconicità dei dialoghi e la staticità di molte scene.
Un film originale, con un finale articolato e sorprendente, molto lontano dal mainstream hollywoodiano e concentrato sulla realtà intima della dimensione umana, sia pure utilizzando il filtro dell’ambientazione fantascientifica, comunque non molto lontana dalla realtà del nostro presente.
Da vedere. Al cinema.