Grazia Marzulli pubblica in questa silloge che appare a marzo 2023 presso la Casa Editrice Guido Miano una serie di testi di notevole interesse artistico-culturale, ricavandoli in buona parte dalle varie raccolte di versi composti nell’arco di un decennio, da Il volo di Penelope(1998) a Salsedine (1999) a Selva di dissonanze (2000), da La luce verticale (2001) ad Anfratti fioriti, conchiglie (2003) a Il velo di Maya (2004), con l’aggiunta significativa di componimenti inediti, validi e coerenti con la precedente ricerca, riuniti sotto i titoli di Anemoni e Fiori della Resilienza.
La poetessa avverte con una sensibilità viva e partecipe il fascino intrigante della vita, la sollecitazione animatrice che pervade l’ordine complessivo delle cose, la realtà naturale e l’esperienza etico-intellettuale degli uomini.
Il ricorso sistematico a una serie di suggestive metafore rappresenta il cuore della sua strategia di formalizzazione del vario materiale figurale ed emozionale connesso all’indagine esplorativa del dinamismo esistenziale; in particolare mi sembra felice quella della “barca”, che fronteggia audacemente i marosi alla ricerca di equilibrio ideale e della realizzazione di un progetto moralmente qualificante: «… Canto la barca a vela che vacilla /nel labile solco / conteso da opposte correnti / eppure osa, / osa sfidare i venti / all’alba imperlata di rugiada / occhi di fuoco al tramonto. // Avvinta a giochi di spume / intreccio ghirlande di pensieri / zaffiri e smeraldi di speranze / nel solco che smeriglia cuori / per mete sconosciute al fato / e lungo rotte refrattarie al caso» (Canto la barca, in Il velo di Maya). A tale immagine si lega l’altro centrale spunto metaforico del “fiore”, evocato del resto fin dal titolo del libro: «…Fra brezze d’illusioni m’imbarcavo / verso gli spazi / dove l’ippogrifo / dispiega fresche ali nell’idea / di reinventare il mondo. // (…) E in acque terse fra spume / ignare di gorghi e bufere / spargeva corolle dal grembo / il limpido errare» (Culla di prodigi, ivi).
I miei corsivi intendono porre in risalto gli effetti della rima e dell’enjambement, che attestano un linguaggio sottilmente elaborato pur nelle generali essenzialità e linearità organizzative.
La primaria energia vitale assume spesso in questi versi i tratti stimolanti e corroboranti della luce: «… Ma da vestale attende che la fiamma / alta si nutra e calda / nel tempio / alta e calda / ardita gigantesca smisurata / fino a piegare il cielo sulla terra / per inondarla di chiarore» (Ricerca, in La luce verticale, corsivi miei, come in seguito); «Foce del tempo, ascolta / passi ed echi dell’età mia / al pulsare di vena / che vigile tende alla luce // (…) Osserva il volto nella preghiera, / fiducioso al rifiorire di speranze / dal tenero profumo di azalee. // Tempo, tu che ceselli la coscienza / e plasmi e ritocchi gli ultimi sbalzi, / fa’ ch’io sublimi in ascesi il mio pensiero / quale estrema offerta d’amore» (Opera d’arte, in Anemoni).
L’ “amore” per la vita e per la varietà delle sue forme («Non fermarti, / asseconda il ritmo del respiro / onda luminosa del pensiero. // Le forme che la vita affastella / chiedono raggi…», Onda d’argento, in Salsedine) determina un descrittivismo puntuale, un’intima adesione ai molteplici aspetti del reale che si obiettivano nella misura ordinativa dell’enumerazione: «Sbiadire lento di caseggiati / e ciminiere color vaniglia / metafisici cubi e bottiglie / nello spazio alienato. // Grigio un sipario cala / sul catrame dei tetti / sul gomito di latta, sul selciato / sul mio viso / schiacciato contro i vetri. // Suoni voci rumori /treni di verità / lungo i binari del tempo / squarciano veli di nebbia. // E dalle ombre /spuntano girasoli / abbozzando sorrisi / verso un lingotto d’oro di finestra» (Lungo i binari del tempo, in La luce verticale, cit.).
Dare armonia, comporre in sintesi feconda i tanti, anche contrastanti, momenti del vivere è l’arduo, quotidiano compito di ognuno; e il richiamo al superiore Disegno divino è per l’autrice invito all’impegno e alla preghiera sinceri: «…Apri un varco, Signore, / verso il luogo d’Assoluto / dove accade che l’alba e il tramonto / il tu e l’io / la parola e la vita / si fondono per noi in armonia», Un varco, ivi) .
Recensione di Floriano Romboli