Alfredo Alessio Conti LIRICHE SCELTE Recensione di Tito Cauchi

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Alfredo Alessio Conti   LIRICHE SCELTE     Recensione di Tito Cauchi

Alfredo Alessio Conti è lombardo nativo di Bosisio (nel 1967) in provincia di Lecco e vive a Livigno (Sondrio). Ha un curriculum culturale e professionale di tutto rispetto: ha studiato Filosofia, ha formazione teologica, è un educatore, svolge convegni sulle problematiche giovanili e sul disagio sociale; ha pubblicato una ventina di opere tra poesia e prosa. Quest’opera, dal titolo trasparente, Liriche scelte (Guido Miano Editore, Milano 2024), contiene raggruppate poesie in tre capitoli, ciascuno con prefazione a sé.

Il volume è presentato dall’editore Guido Miano, il quale fra l’altro, sottolinea le finalità di “indicare di taluni autori un solco di scrittura nella quale sia da individuare una sorta di fratellanza d’arte, nel nostro caso della poesia”, entro una cornice sovranazionale. Ecco le Letterature comparate che consentono accostamenti tra il Nostro e tre illustri autori stranieri, scegliendo le liriche in base alle tematiche più rilevanti, rispettivamente: l’esistenza, l’amore, la religiosità. Cosìdi seguito.

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Enzo Concardi (Zibido S. Giacomo, Milano, 1949), poeta e critico letterario, svolge la sua disamina sulla prima sezione della raccolta, denominando la sua prefazione con il titolo “Le problematiche esistenziali in Alfredo Alessio Conti e in Fernando Pessoa” (1888-1935), poeta portoghese autore di “Ho pena delle stelle”. Il Critico vuole evidenziare che “Nel groviglio esistenziale vissuto dal poeta” i vari aspetti presenti nella nostra società contemporanea, vengono oggettivati seguendo tre direttrici (per esemplificare): bibliche, socratiche, ungarettiane, citandone versi in tal senso. Qui anticipo rispettivamente: l’essere e ritornare “polvere”, il “conosci te stesso”, sentirsi fragili come “foglia d’autunno”. Inoltre avverte che i vari contrasti lirici sono segni di una certa “disperazione ontologica”; tuttavia conclude spiegando che “Se Pessoa è considerato poeta del ‘pessimismo totale’, Conti lo affianca fino ad un certo punto (…) per poi accedere ad una teleologia sostenuta in ultima analisi da speranze metafisiche ed escatologiche con bagliori divini”. Insommasull’esistenzialismo, nel Nostro, è una continua ricerca, anch’essa tripartita: sull’origine, sul destino e sul senso della vita. Argomenti sui quali il Poeta insiste (con anafore) per rafforzare il proprio sentire e i contrasti apparenti (ossimori) sui quali riflette, sono un bisogno biologico di rassicurazione.

La lettura del testo poetico difatti ci conferma il pensiero di Alfredo Alessio Conti, ossia l’argomento comparativo proposto sull’esistenza, ci accompagna tutta la vita. Citerò alcuni versi che reputo molto significativi, per dare ulteriore conferma del sentire intimo del Nostro. Verrebbe da dire che al di là del big bang, l’essere umano rimane con domande irrisolte. Ci affanniamo arincorrere mete, come ricchezza e carriera, ma poi assistiamo al fallimento della società opulenta ed egoista, senza volerci rendere conto della precarietà della vita, così il Poeta commenta: “Nel respiro del vento/ vivo/ come foglia d’autunno” (p.13, Esistenza) con chiaro richiamo a Ungaretti. Egli sente su di sé le sofferenze degli ultimi, considerati come fratelli; sente che questa è “la bellezza/dell’essere, dell’esserci” (p.16). È consapevole del travaglio che vive, sa che la morte non guarda nessuno in faccia; difatti considera la vita già un “sarcofago” e indica la terra come “materna morte” (p.17).

Riscontriamo il richiamo dell’antico motto socratico per conoscersi dentro e comprendere meglio gli altri. Il tempo scorre inesorabilmente: “Anni/ di solitudine e silenzi/ di sofferenze/ (…) /mi sono messo/ in disparte/ e tutte le porte/ si chiusero.” (p.23). Opponiamo fra noi steccati e muri, la diffidenza ci allontana dalla bellezza della natura, dalla sua armonia. Si chiede: “Quali domande avranno risposte/ prima che la mia vita finisca, ma/ rimarranno sepolte con me.” (p. 28). Siamo mutevoli: “sento/ l’usura del mio corpo/ andarsene/ con le energie spese/ in queste inutili/battaglie.” (p.31). Infine: “naufrago/ nella mia/ solitudine” (p.32); e ancora: Siamo “un alito di vento/ immortale/ sul finire/ della vita” (p.33). Sono parole molto significative, dal senso compiuto, provengono dal fondo dell’anima e racchiudono travaglio interiore e riflessione.

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Gabriella Veschi (Ancona 1959) formatasi in Lingue e Letterature comparate, tratta “Il tema dell’amore in Alfredo Alessio Conti e in Pablo Neruda” (1904-1973), cileno, uno dei massimiscrittori del Novecento, autore di “Cento sonetti d’amore”. Per entrambi i poeti la donna è tutto; nel Nostro la malinconia d’amore per una donna lontana, palpita struggente; il suo è un inno all’amore che si eterna grazie alla sua intensità. La Critica sottolinea da parte del Nostro, il modo oculato del lessico che gli consente di esprimere sentimenti pure contrastanti come iperboliche note di sensualità senza scadere nel banale e nel volgare; così l’uso di “un armonioso succedersi di sinestesie, allitterazioni e paronomasie”, accorgimenti stilistici tali da suscitare le sensazioni desiderate.

Perciò passo ai testi poetici senza andare oltre, poiché il tema dell’amore è così universalmente trattato e abusato, e non vorrei ripetere cose ovvie. La lettura conferma la continua dichiarazione d’amore in cui il Poeta pone un’aura intorno alla donna amata elevata sopra ogni cosa; così “L’amore è un fiume travolgente/ sempre in piena/ dirompente” (p.49). È noto che quando si è innamorati, si tocca il cielo con un dito, ma pure si sprofonda in un abisso; il Poetacrede che, comunque sia, gli spiriti di entrambi si uniscano dopo la morte, perché intenso è l’amore suo per lei. Lo struggimento di cui si è scritto sopra, è palpabile; nondimeno alcuni passi, toccano o forse nascondono, una perdita o un distacco come in questi versi: “L’ho sepolto lì/ in quel piccolo cimitero di montagna/ il desiderio d’incontrarti” (p.38); perciò questa dichiarazione assomiglia ad una ammissione di conforto.

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Ed eccoci al toscano Floriano Romboli (Pontedera, 1949), docente di materie letterarie, che tratta del tema della religiosità, al terzo capitolo intitolato “L’incontro con Dio e con le creature nell’itinerario spirituale di Alfredo Alessio Conti. Il lascito poetico di Paul Claudel (1868-1955). Il poeta francese nelle sue “Opere poetiche”, “amò declinare la fede religiosa” e anche inConti “è ricorrente l’idea dell’esistenza individuale come itinerario, come cammino” in cui è possibile incontrare Dio e acquisire una giusta direzione o condotta di vita, fra tante perplessità e attese. Il Critico osserva quanto i limiti umani siano un ostacolo per compenetrarsi negli altri; nel Nostro ammira l’accuratezza lessicale di forma discorsiva e lineare; parla di naturale slancio religioso nel poeta Conti, “di un senso di sincera comunione fisica e spirituale con tutti gli esseri” (p.65); parla dell’intimo interiore che il poeta riesce a “esteriorizzare” ricorrendo alle similitudini.

Conti, poeta dell’amore verso la natura, verso il creato che è armonia, pur dichiarandosi “nomade spirituale”, scrive: “se ne va/ ramingo/ nell’anima nel cuore nelle membra/ e ritorna a Te/con parole semplici/ a Te che leggi/ e vivi/ ed è un ritrovarsi/ sullo stesso cammino” (p.68). Si raccoglie nel silenzio delle tombe e pensa che le anime siano in attesa della resurrezione; con il suo carico di debolezze chiede perdono a Dio e aiuto, ma continua a confidare in “quell’altra vita” che “prima o poi verrà” (p.78). La sua spiritualità si riflette in un ‘tu’ discorsivo che si allarga all’altro; “Osservo la luna/ riflessa nel ruscello/ (…) //Lassù/ è magia, è poesia.” (p.73). Il tema dell’esistenza è presente anche qui; e il verbo, mi viene da dire, che si fa carne è nel più volte indicato “logos”, che vuol dire parola quanto discorso, seme quanto vita, sta a noi essere predisposti all’ascolto. Ascoltare così i passi che ci stanno vicini, per un amore fraterno. “Veglia/ sulla mia esule vita/ e/ riconducimi/ piano piano/ a Te.” (p.87). Sentendosi, come è naturale, un nulla nei confronti di Dio infinito, promette che non si stancherà di cercarlo: “Ti cercherò/ (…) // Ti cercherò…/ fino a quando/ TU/ mi aprirai la porta.” (p.93), una invocazione che sa di dichiarazione di fede; dopo di che il Poeta si assolve da solo.

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Fin qui ho cercato di seguire nell’ordine il volume di Alfredo Alessio Conti, Liriche scelte, anche nella sua architettura, nel rispetto verso l’Autore. Tornano utili al lettore, i tre contributi critici (oltre quello dell’Editore); tuttavia confesso che, per via dello stacco, tra un capitolo e l’altro, mi sono sentito un po’ spiazzato, è stato come se mi fossi trovato tre volumi e non uno solo (Disorientato forse per la poca dimestichezza, del sottoscritto, alla lettura del digitale). Mi sembra chiaro l’intento del volume circa la comparazione del Conti ai tre poeti stranieri (Pessoa, Neruda, Claudel, dei quali sono citati i titoli delle rispettive opere di comparazione). Così facendo viene ampliata la conoscenza oltre confine, il che conferisce maggiore prestigio all’Autore. Comunque, le singole tre tesi, circa l’esistenza, l’amore, la spiritualità del Nostro, si reggono da sole.

Generalmente le poesie sono brevi e in stile discorsivo, dialogo-monologo, come è in uso da alcuni decenni; il numero delle sillabe è variabile e tendenzialmente fa percepire un senso di palpitazione. Le oltre settanta poesie, pressocché equamente distribuite nelle tre sezioni,propongono liriche scelte dalle medesime raccolte pubblicate, tranne una particolarità singola, a partire dalle più recenti e a scendere, oltre che ad altre forse inedite. Per completezza aggiungo l’elenco dei titoli delle raccolte anche per il loro significato intrinseco: Il mistero ultimo della vita(2022), Tutto è respiro (2021), Sulla soglia dell’infinito (2021), La verità nascosta (2020), Quando un poeta se ne va (2019). Inoltre ciascun capitolo ha attinto in modo esclusivo ad altre sillogi, nell’ordine: il primo capitolo, E in questo mal di vivere (2002); il secondo, Avvolto dal tuo tenero amore (1998); e il terzo, Salmodiando Dio oggi (2008) e Vivo di te (2007). Lo sguardo sui titoli, come sui versi, non ci restituisce meri elementi decorativi, ma un’anima. Si sa che la poesia, come tutte le arti, si presta all’interpretazione, è suggestiva. Salvo interpretazioni che possono sviarmi, reputo titoli che fanno intuire un animo che rivela ricerca, indaga e sonda i misteri primordiali dellavita.

Tito Cauchi