Goethe, dovendo nominare il suo romanzo pubblicato nel 1809, scelse un titolo “Affinità elettive” che affondava la sue radici in terreni ben poco letterari: l’affinità è chimica, e si riferisce a una proprietà degli elementi chimici che li porta a legarsi ad alcune sostanze, piuttosto che ad altre. L’ assoluta necessità e certezza della proprietà, questo trascendere tempo e spazio tipico degli assiomi delle scienze dure, viene applicato da Goethe a un mondo completamente diverso.
Questa scelta, riprendendo Goethe, di trasporre il concetto di affinità in un piano lontanissimo dalla chimica, è stata alla base del progetto allestitivo attuato dalle Gallerie dell’Accademia di Venezia, congiuntamente alla Casa dei Tre Oci: grazie alle opere prestate dal Museum Berggruen di Berlino, le opere delle collezioni permanenti veneziane sono poste in un temporaneo dialogo con opere di artisti contemporanei, come Picasso, Klee, Matisse e Giacometti.
Opere, queste, che in particolare alle Gallerie dell’Accademia, sono poste nel percorso permanente tra le opere del museo: si attua, in questo modo, una “caccia” al temporaneo nella foresta del permanente, permettendo così di valorizzare entrambe dimensioni ed enfatizzando il ricercato dialogo. Ma, se nel romanzo di Goethe le affinità tra le persone si formano con contatti diretti tra loro, qui siamo portati davanti a un tema più profondo e astratto: la ripresa e la trasformazione degli stessi concetti nel tempo. Aby Warburg parlando di “formule di pathos” (che individuava negli “accessori in movimento”, provenienti dalla classicità, coloro che davano pathos a una scena altrimenti immobile), introduceva un concetto che vedeva la storia alla stregua di un circolo, in cui riemergevano gli stessi simboli e saperi con nuovo senso e nuovo significato. In effetti, la donna di Picasso, ritratta col suo “Maglione giallo”, posta nello storico allestimento di Carlo Scarpa tra le Madonne in trono e le incoronazioni, rappresenta un elemento diverso, che appare lontano a un primo sguardo. Ma avvicinandoci non possiamo fare a meno di notare che la sua posa, sulla sedia che pare un trono, abbia un che di ieratico, che insinui rispetto, come a modo loro fanno le Vergini davanti a noi nella sala. Il suo sguardo, che pare puntare ovunque e da nessuna parte sembra richiamare, come una eco, quella caratteristica di onniscienza che si è sempre assegnata alla Vergine.
Se in alcuni casi, come quello sopra citato, lo spettatore è lasciato libero di confrontare e di muoversi nel dialogo, in altri, come per le “Visioni dell’Aldilà” di Bosch, ci sono indicazioni precise: i vari pannelli (che illustrano la vita dopo la morte) sono specificatamente confrontati con opere di Matisse, Klee, Picasso e Cézanne. Le anime di Bosch, precipitate nella dannazione eterna, che cadono in maniera disordinata nel caos e tra lampi di fuoco infernale, sono comparate alle figure di Matisse che si muovono liberamente e quasi senza meta né motivazione precisa. La casualità e irrazionalità di una caduta, resa da Bosch, (la quale in nome della imminenza della dannazione si svolge nella cupezza e nella disperazione delle anime), viene riletta da Matisse in nome della leggerezza e della mancanza di giudizio: le figure paiono muoversi senza motivo prestabilito e senza leggi a loro superiori. Così, le forme astratte di Klee nella “Gradazione di rosso”, richiamano le forme astratte (in particolare il cerchio) che accolgono le anime dei beati, in procinto (al contrario di prima) di salvare la propria anima. Le figure rosse che emergono dal nero, ricalcano la luce che proviene dallo squarcio che illumina i beati, che accolgono la luce con umiltà e ieraticità: l'assenza di spazio e tempo delle figure astratte, statiche quanto presenti, richiama quella sospensione di tempo e spazio che stanno vivendo i beati del pannello nel momento dell’ingresso al Paradiso: momento in cui cesserà ogni preoccupazione, in nome della stabilità.
Ed è proprio di sospensione che parliamo nel momento in cui poniamo in dialogo queste opere diverse, ma pure simili: spazio e tempo si annullano nel momento in cui troviamo collegamenti con opere diverse, nate da intenti diversi. E in questo atto contemplativo è impossibile non sentirsi osservati da due figure: “Dora Maar con le unghie verdi” di Picasso posta accanto alla “Vecchia” di Giorgione. Opere che rappresentano donne diverse, in diverse fasi della vita, realizzate nella maniera più diversa ma che tuttavia vogliono comunicarci qualcosa; con maggiore saggezza e consapevolezza la “Vecchia”, che tiene lo sguardo verso lo spettatore, con più nonchalance la donna, che non sa ancora a chi rivolgere lo sguardo: se da un lato vuole guardare al futuro, verso lo spettatore, dall’altro si sente attratta dalla “Vecchia”, quasi che, nel vivere il suo presente, senta la necessità di guardare sia avanti che indietro.